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L’etichetta è molto più di un semplice biglietto da visita: è un componente funzionale che difende il brand, assicura tracciabilità lungo la supply‑chain e, in molti settori regolati, risponde a obblighi di sicurezza e conformità. Il frontale (o face stock) rappresenta circa il 40 % del costo di un’etichetta autoadesiva e determina tre parametri chiave:

  • Compatibilità di stampa: bagnabilità, assorbimento e resistenza al pick‑off su linee rotative che superano i 300 m/min.

  • Performance in esercizio: tenuta a umidità, calore, solventi, abrasioni e cicli di sanificazione.

  • End‑of‑life: facilità di distacco in fase di lavaggio o rilavorazione per non contaminare i flussi di riciclo.

Scegliere fra carta, polipropilene (PP) e politereftalato di etilene (PET) significa dunque bilanciare estetica, prestazioni meccaniche, sostenibilità e costo totale di proprietà lungo tutto il ciclo di vita.

Carta: tradizione, versatilità ed estetica naturale

Struttura e varianti

Le carte per etichette spaziano da 60 a 90 g/m² e si suddividono in:

  • Patinate lucide/semilucide: calandratura doppia, rivestimento caolino + lattice acrilico, rugosità Ra ≤ 1 µm.

  • Carte naturali goffrate o vergate: fibre lunghe e finiture felt‑marked o laid per una sensazione tattile distintiva.

  • Carte termiche dirette BPA‑free: strato termocromico micro‑incapsulato con over‑coat protettivo antigraffio.

Prestazioni meccaniche e chimiche

La resistenza a trazione oscilla tra 5 e 7 kN/m (ISO 1924‑2), più che sufficiente per i dispenser automatici. Il tallone d’Achille resta l’igroscopicità: a 50 % di umidità relativa la carta può assorbire fino al sette per cento del proprio peso in acqua, causando curling e perdita di planarità. Oltre 80 °C sbianca e ingiallisce, mentre le carte termiche dirette degradano già a 55 °C.

Applicazioni ideali

Vini DOC, cosmetici artigianali, conserve “dry”, packaging secondario e logistica, grazie alla facilità di stampa in linea di dati variabili con moduli termici o laser economicamente accessibili.

Sostenibilità e fine vita

La fibra cellulosica è rinnovabile, certificabile FSC/PEFC e, nei pulper industriali, l’adesivo viene intrappolato in “stickies” che permettono di recuperare oltre l’80 % della fibra. Alcuni cartieri europei trattano frontali post‑consumer con flottazione per re‑immetterli in liner riciclati a grammatura ridotta.

Quando preferirla e quando no

È la scelta giusta se il prodotto è asciutto, stoccato fra 5 e 25 °C e si desidera un look autentico o un budget contenuto. Va evitata per imballi refrigerati, soggetti a condensa o a grassi alimentari.

Polipropilene: il “jolly” delle etichette plastiche

Struttura dei film e trattamenti

Il PP per etichette arriva in film BOPP (biaxially oriented) da 40‑60 µm o CPP (cast, mono‑orientato) per maggiore elasticità trasversale. Un trattamento corona a 38‑42 dyn/cm — che cala di circa un decile ogni 30‑40 giorni — garantisce adesione di vernici UV e primer inkjet, imponendo una rigorosa gestione FIFO dei rotoli.

Resistenza meccanica e termica

Un modulo elastico intorno a 1 500 MPa con allungamento allo snervamento dell’8‑12 % lo rende ideale per flaconi squeezable. Il range operativo va da ‑20 °C a +90 °C continuativi, mentre la fusione avviene a 160 °C: perfetto per brevi pasteurizzazioni, ma non per hot‑fill oltre 90 °C.

Estetica e versioni speciali

  • Clear no‑label look: haze < 2 %.

  • Cavitato bianco perlato: densità ridotta (0,55 g/cm³) e alta opacità per coprire fondi scuri.

  • Metallizzato: barriera alla luce e O₂TR ≤ 10 cm³/m²·24 h per snack lipidici e cosmetici fotosensibili.

Compatibilità con adesivi e riempimento

Le colle acriliche low‑migration mantengono il frontale riciclabile con il PP rigido (limite 5 % del flusso). Nei tunnel di asciugatura a 60 °C la tensione del nastro va ridotta del 30 % per prevenire curling.

Riciclo e polimeri bio‑based

Frontali certificati ISCC‑Plus contenenti bio‑naphtha o tall‑oil riducono l’impronta di carbonio oltre il 70 % rispetto al PP fossile, senza cambiare le specifiche tecniche.

Casi d’uso consigliati

Personal care, detergenza domestica, dairy “fresh”, packaging refrigerato e sleeve stretch, dove l’elasticità del BOPP evita grinze anche dopo ripetute spremiture del flacone.

PET: performance estreme per ambienti critici

Caratteristiche strutturali

Film tra 23 e 50 µm con modulo a trazione di 4 000 MPa e restringimento inferiore al 2 % dopo un’ora a 70 °C. L’orientamento biassiale assicura stabilità dimensionale in offset a 120 °C o in riempimenti a caldo (hot‑fill) fino a 85 °C.

Tenuta termica, chimica e meccanica

Il range operativo continuo spazia da ‑40 °C a +150 °C, con picchi di 180 °C per 2 min. Dopo 1 000 h di immersione in IPA 99 % o NaOH 5 %, il PET conserva oltre il 95 % del modulo elastico, mentre il PP sviluppa stress‑cracking.

Prestazioni ottiche ed elettriche

La versione ultra‑trasparente ha haze < 1 % e brillantezza > 125 GU; quella metallizzata riflette fino al 98 % dei raggi UV, proteggendo nutraceutici sensibili alla luce. Con εr ≈ 2,9 e tan δ 0,015 a 13,56 MHz, il PET è il frontale privilegiato per antenne RFID UHF, migliorando del 12 % la distanza di lettura rispetto al PP.

Sinergia con adesivi “wash‑off”

Nei processi bottle‑to‑bottle le colle alcalino‑solubili si sciolgono in vasche a 85 °C e 2 % NaOH, liberando il frontale e preservando l’r‑PET incolore conforme a EFSA e FDA.

Fascia di costo e ritorno sull’investimento

Costa il 20‑25 % in più del PP, ma riduce i fermi linea grazie alla stabilità termica e mantiene il brand‑look dopo 1 000 h di UV‑B (ΔE < 2), abbattendo i resi commerciali sulle spedizioni export.

Applicazioni critiche

Riempimenti caldi di tè freddo e sughi, componentistica automotive under‑the‑hood, disinfettanti ad alto pH, reagenti diagnostici refrigerati e etichette linerless su cavi e tubazioni.

Linee guida pratiche di scelta

Domande chiave da porsi

  1. Che ambiente affronterà il prodotto? (Temperature, umidità, solventi, grassi).

  2. Quale ciclo di vita e di riciclo prevedo? (Monomateriale, ritorno vuoti, differenziata carta/plastica).

  3. Che sensazione tattile e visiva voglio comunicare? Naturale, premium lucido, “no‑label look”.

  4. Quanto incide l’etichetta sul budget unitario e quanto costa un reso per difetti di leggibilità?

Trend normativi e di mercato

  • Regolamento UE sugli imballaggi (PPWR): probabile obbligo di etichette compatibili con riciclo monomateriale per bottiglie in PET entro il 2030.

  • Plastic Tax italiana: esenzione totale per contenuto riciclato > 60 %, spinta verso r‑PP e r‑PET certificati.

  • Inchiostri UV a bassa migrazione: nuovi fotoiniziatori “Swiss List” garantiscono MOH < 10 ppb nei fill caldi.

 

Conclusioni

La scelta fra carta, PP e PET non è un banale calcolo di centesimi ma una decisione strategica che influisce su prestazioni, immagine di marca e sostenibilità. Carta primeggia in estetica naturale e costi ridotti, ma teme umidità e calore; PP offre il miglior compromesso fra versatilità, brillantezza e prezzo, purché la temperatura non superi i 90 °C continuativi; PET domina quando stabilità termo‑meccanica, barriera e riciclo bottle‑to‑bottle sono mission‑critical. Valutare l’intero ciclo di vita è l’unico modo per evitare costosi re‑labeling o perdite di shelf‑appeal: un frontale scelto con criterio protegge il prodotto dal nastro di riempimento allo scaffale (e oltre), trasformando un costo apparente in un investimento invisibile ma determinante.