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In un’etichetta autoadesiva l’adesivo è l’elemento invisibile che trasforma un semplice frontale in un dispositivo funzionale capace di aderire in modo affidabile al supporto durante l’intero ciclo di vita del prodotto. La formulazione chimica deve conciliare inizialmente tack elevato per aggrapparsi in pochi millisecondi al substrate, cohesion interna per resistere a trazione e taglio, e shear per non scivolare in presenza di carichi verticali o cicli termici. Per questo l’industria distingue tre macro‑famiglie: adesivi permanenti, removibili e speciali per basse temperature (freezer). La scelta corretta riduce scarti, reclami e fermi linea; quella errata può causare distacchi, pieghe o residui collosi che compromettono riciclabilità e immagine di marca.

Fattori chiave di prestazione

Un adesivo si valuta su almeno sei parametri: adesione iniziale (peel 90° a 5 min), adesione finale (24 h), resistenza al taglio (shear 1 kg, 23 °C), intervallo termico di servizio, compatibilità chimica (acqua, oli, solventi) e comportamento al distacco (residuo o clean‑removal). Ciascun parametro dipende da polimero base, peso spalmatura (coat‑weight, tipicamente 15–25 g/m²), tipo di liner e processo di reticolazione.

Adesivi permanenti

Struttura chimica e meccanismo di legame

Gli adesivi permanenti per etichette si basano prevalentemente su copolimeri acrilici in emulsione o su sistemi hot‑melt SBS ed EVA reticolati. La fase polare (acrilato, vinilacetato) assicura bagnabilità su superfici energetiche anche inferiori a 34 dyn/cm, mentre la fase idrofobica (butile, 2‑EHA) conferisce resistenza all’acqua e agli oli. La reticolazione con fotoiniziatori o isocianati produce un reticolo elastomerico che unisce tack elevato a coesione lunga; tipici valori di peel 90° su acciaio sono > 20 N/25 mm dopo 24 h, con shear > 24 h/1 kg.

Condizioni operative ideali

Questa categoria è la scelta di default per prodotti a temperatura ambiente o refrigerati fra –10 °C e +70 °C, dove è cruciale garantire che l’etichetta resti fissata per tutta la shelf life: bottiglie in vetro riempite a caldo, flaconi detergenti soggetti a manipolazioni ripetute, confezioni alimentari soggette a condensa di frigorifero. Nei test di invecchiamento accelerato (70 °C, 65 % UR, 168 h) un buon permanente non mostra calo di peel superiore al 10 %.

Best practice di scelta

  • Substrati apolari (PP, PE): servono permanenti ad alto contenuto di monomeri a bassa Tg e spalmature ≥ 20 g/m².

  • Vetro o metallo ad alta energia superficiale: bastano 15–18 g/m², ma la formulazione deve sopportare cicli termici > 80 °C senza oozing.

  • Linee di riempimento > 500 bpm: preferire versioni con resine a bassa viscosità per ridurre flagging sugli angoli e facilitare il wipe‑down.

Adesivi removibili

Principi di distacco pulito

Removibili e riposizionabili impiegano polimeri a medio‑alta Tg (‑10 °C ÷ 0 °C) con basso livello di reticolazione. La forza di adesione iniziale è moderata (5–8 N/25 mm) e la coesione interna elevata, così che il distacco avvenga per separazione adesivo‑substrato lasciando il film intatto. L’aggiunta di plastificanti reversibili (oli di pino, esteri citrici) riduce la migrazione di molecole polari nel tempo, mantenendo la removibilità entro 12 mesi.

Campi d’impiego

Etichette promozionali “peel & read”, bollini prezzo su libri, informative di servizio su elettrodomestici, logistica interna con rotazione cassoni. In questi contesti l’etichetta deve rimanere integra ma staccarsi senza aloni anche dopo cicli di calore (ad es. cabine di verniciatura 60 °C) o umidità (celle frutta 90 % UR).

Variabili critiche

  • Tipo di superficie: su cartone fibrillato il remo­vibile “aggrappa” nelle cavità; serve test reale di distacco per evitare strappo fibra.

  • Tempo di permanenza: oltre 6–9 mesi la porzione di tack resinoso migra e il comportamento tende a diventare semi‑permanente.

  • Temperatura di applicazione: molti removibili richiedono > 5 °C; a temperature inferiori la Tg blocca il flusso polimerico e l’etichetta si solleva.

Adesivi freezer

Sfida delle basse temperature

Le celle negative impongono due problemi: applicazione su superficie già gelata (–20 °C) e permanenza in esercizio fino a –40 °C. Le emulsioni acquose non polimerizzano a tali temperature; si adottano hot‑melt PSA amorfi a base di elastomeri SBS, resine idrocarburiche e oli paraffinici a Tg –50 °C. Il tack in condizioni sub‑zero è garantito dall’assenza di cristallizzazione e dal rapido rammollimento distribuito quando il packaging subisce variazioni di temperatura durante la logistica.

Prestazioni di riferimento

  • Adesione iniziale a –15 °C: ≥ 6 N/25 mm su acciaio.

  • Resistenza allo scivolamento verticale (loop tack) a –30 °C: < 2 mm/24 h sotto carico 500 g.

  • Shear a 23 °C: ≥ 8 h/0,5 kg per evitare slittamenti quando la confezione torna a temperatura ambiente.

Consigli applicativi

  • Applicare su superficie asciutta: brina o condensa fanno da barriera e riducono la bagnabilità; nastri di etichettatura freezer includono spesso un rullo pre‑soffiaggio aria calda.

  • Aumentare la pressione di contatto: > 5 kg/cm² sul rullo di appoggio per forzare l’adesivo nei micro‑pori del packaging.

  • Evitare frontali rigidi: film PVC o PET spessi possono irrigidirsi, generando flagging agli angoli. Preferire PE o carte wet‑strength flessibili.

Metodologia di selezione

Analisi del ciclo di vita

Un semplice schema “domanda–risposta” aiuta a mappare le condizioni reali:

  1. Che temperatura ha la superficie al momento dell’applicazione?

  2. Quali picchi termici e minime affronterà?

  3. La rimozione deve essere pulita entro un certo tempo?

  4. Il supporto è poroso, rugoso o bagnato?

  5. Sono previsti lavaggi, detersioni o riempimenti a caldo?

Una matrice incrocia risposta e famiglia di adesivo, consentendo di escludere formulazioni non idonee prima ancora dei test fisici.

Validazione in laboratorio

Lo standard FINAT FTM 2 (peel), FTM 9 (loop tack) e FTM 8 (shear) fornisce dati comparabili; tuttavia solo prove su campioni reali indicano l’interazione adesivo–substrato. Si raccomandano:

  • Condizionamento 24 h a temperatura di destinazione prima della prova.

  • Rilevazione dello spessore reale di spalmatura, poiché variazioni di ± 2 g/m² influenzano peel del 10–15 %.

  • Test di migrazione collante‑inchiostro con cromatografia se il packaging è destinato a contatto alimentare indiretto.

Pilot line e scale‑up

Prima di industrializzare si eseguono tirature pilota da 1 000 m su pressa reale con monitoraggio di web‑tension, temperatura sleeve e pulizia anilox (se hot‑melt). L’adesivo scelto deve mantenere performance anche quando lo spalmaggio fluttua di 2 µm a causa di vibrazioni macchina o variazioni umidità sala stampa.

Criticità frequenti e soluzioni

Oozing ai bordi in estiva

Se il collante esce lateralmente su PET lucido a > 30 °C, valutare riduzione coat‑weight o passaggio da hot‑melt a acrilico ad alto Mw con Tg leggermente superiore.

Distacco in tunnel di retrazione

Su sleeve PETG la tensione e il calore (80–95 °C) possono superare la shear di un removibile; occorre un permanente a reticolazione UV con monomeri a basso shrink.

Etichette che non si rimuovono più dopo 6 mesi

Fenomeno tipico di removibili su vetro in ambienti soleggiati: la radiazione UV reticola ulteriormente il polimero. Si risolve con formulazioni UV‑stabilizzate, aggiunta di HALS o con vernici barriera sul retro etichetta.

Conclusioni

Scegliere fra adesivi permanenti, removibili o freezer richiede la comprensione dettagliata del contesto applicativo: temperatura di posa, range termico operativo, natura del substrato, necessità di rimozione e implicazioni normative. Gli acrilici in emulsione coprono la maggior parte delle applicazioni permanenti; i removibili si basano su sistemi a Tg moderata con bassa reticolazione; i freezer sfruttano hot‑melt amorfi con componenti a bassa transizione vetrosa. Un iter di verifica che unisca prova di laboratorio, pilota industriale e monitoraggio sul campo assicura che la formulazione prescelta garantisca adesione costante, assenza di residui indesiderati e conformità alle aspettative del cliente finale. La guida qui esposta rappresenta un framework tecnico: il passo decisivo resta il test sul campo, unico strumento per catturare le variabili che nessuna scheda tecnica è in grado di anticipare completamente.